
L’anatocismo e l’usura sono metodi diversi per ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali “prestati”: il primo con l’applicazione di interessi minori su una base più larga pari al debito residuo e alle quote interessi già pagate, mentre la seconda con l’applicazione diretta di interessi esorbitanti. Al fine di quantificare il tasso totale è necessario sommare tutti i costi e i tassi applicati dalla banca. I consumatori che abbiano un conto aperto con l’istituto bancario da meno di 10 anni che si accorgono di essere stati vittime di anatocismo hanno la possibilità agire per vedersi restituire quanto ingiustamente hanno pagato.
L’anatocismo bancario, dunque, consiste nella capitalizzazione degli interessi, o più semplicemente nell’applicazione degli interessi sugli interessi già applicati nell’ambito di un contratto di conto corrente o di mutuo.
L’art. 1283 c.c. sancisce il divieto di anatocismo disponendo che “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”
Tuttavia, il divieto non ha eliminato definitivamente tale fenomeno e/o tali pratiche bancarie dato che le Banche hanno applicato la capitalizzazione trimestrale delle competenze a debito maturate sui conti per un tempo lunghissimo.

Tale situazione è perdurata fino ad una fondamentale pronuncia della Corte di Cassazione e precisamente la sentenza n.2374 del 16-03-1999 nella quale veniva osservato che: “È nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente – tanto più nel caso di contratti stipulati dopo l’entrata in vigore dell’articolo 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 154 che vieta le clausole contrattuali di rinvio agli usi – giacché essa si basa su di un mero uso negoziale e non su di una vera e propria norma consuetudinaria e interviene anteriormente alla scadenza degli interessi.”
Nonostante sembrasse chiaro l’intento del Legislatore di fermare questa pratica illecita da parte delle banche e degli istituti di credito, per evitare l’insorgere di contenziosi fu data la possibilità al CICR di intervenire con proprie delibere al fine di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria.
È bene precisare che il soggetto che abbia subito l’applicazione di tale tipo di interessi nei propri contratti bancari potrà tutelarsi al fine di richiedere un risarcimento del danno e la restituzione degli interessi indebitamente corrisposti alla banca.
L’anatocismo viene sempre collegato al fenomeno dell’usura, nonostante queste due pratiche siano diverse sia dal punto di vista formale che sostanziale.
L’usura consiste nel prestare denaro a tassi particolarmente elevati oltre una determinata soglia di quella stabilita dalla legge.
L’usura è disciplinata dall’art. 1815 del c.c. e dalla legge n. 108 del 7/3/96 che ha modificato l’art. 644 del c.p., dalla legge n. 24 del 28/2/01 e dalla legge n. 106 del 12/7/11.
In particolare, l’art. 644 c.p. sanziona dal punto di vista penalistico la condotta di chi “si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari“. Mentre la legge 108/96 stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre considerati usurari.
L’art. 1 della L. 108/96 stabilisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”, essi quindi vanno conteggiati all’interno del TAEG. La sentenza di Cass. n. 350 del 2013 ha espresso un principio, tra l’altro già largamente diffuso, il quale stabilisce che la mora va compresa nel calcolo del TAEG.
Anatocismo e usura sono due procedimenti diversi per ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali “prestati”: il primo con l’applicazione di interessi minori agli interessi già pagati e sul debito residuo, mentre la seconda con l’applicazione diretta di interessi oltre il limite stabilito dalla legge.

Il rimedio per queste pratiche illecite è comunque lo stesso, ovvero, analizzare i contratti bancari e verificare con calcoli matematici che non siano stati corrisposti alla banca o all’istituto di credito interessi non dovuti. Nel caso si dovesse rilevare il contrario, il consumatore può agire contro la banca o l’istituto di credito per ottenere da una parte il risarcimento del danno per aver corrisposto interessi non dovuti e dall’altra la restituzione dell’indebito da parte della banca.
Per quanto riguarda la questione interpretativa sulla pratica dell’usura esiste un’unanimità grazie anche alla fonte normativa chiara e trasparente, mentre riguardo l’anatocismo si attende che vengano rimossi dubbi sulla materia con una norma più determinata che disciplini una volta per tutte l’illeceità di tale pratica deleteria per i consumatori, che nella maggior parte delle ipotesi non hanno le conoscenze necessarie per rendersi conto del danno che viene loro causato.
Avvocato Eufemia Ferrara